Come è noto l’emofilia è caratterizzata da un carenza/disfunzione congenita di FVIII (emofilia A) o FIX (emofilia B). Dal punto di vista clinico questi pazienti, specialmente quelli con livelli dei fattori prossimi allo zero (emofilici gravi), sono soggetti a emorragie spontanee o provocate che, in particolare quelle gravi, possono essere a rischio di vita, ma comunque fortemente debilitanti. Un altro problema importante è che una discreta percentuale di emofilici sviluppano nel corso della loro vita un inibitore specifico contro il fattore mancante.
Il trattamento dell’emofilia si è avvalso per molti anni della terapia trasfusionale mediante concentrati del fattore mancante. Terapia che può essere somministrata al bisogno (quando l’emofilico sanguina), oppure in profilassi con frequenti somministrazioni. La profilassi, oggi ampiamente praticata nei paesi sviluppati, ha lo scopo di prevenire gli eventi emorragici, proteggendo la funzionalità delle articolazioni dei pazienti. Resta però il problema dell’inibitore. Come è facile immaginare, le trasfusioni del fattore mancante potrebbero essere vanificate dalla presenza dell’inibitore, che distruggerebbe il fattore trasfuso.
Negli ultimi anni la terapia dell’emofilico ha subito cambiamenti epocali con l’introduzione di trattamenti non-trasfusionali. Ad esempio, esistono aggi farmaci che mimano l’attività del FVIII. Emicizumab è il primo di questi farmaci, che ha avuto l’approvazione delle autorità regolatorie per essere usato nella profilassi dell’emofilico A con e senza inibitore. Come è noto dalla fisiopatologia della coagulazione, il FIXa ha la funzione di attivare il FX, ma per fare questo ha bisogno del FVIII, che funge da co-fattore, facilitando l’interazione del FIXa (l’enzima) con il FX (il substrato). Emicizumab è un anticorpo monoclonale bi-specifico, che ha la capacità di mimare l’azione del FVIII. Studi di fase 3 hanno dimostrato che emicizumab somministrato con regolarità al paziente emofilico A con e senza inibitore, è efficace nel minimizzare gli eventi emorragici spontanei che questi pazienti sperimentano nel corso della loro vita. I vantaggi di emicizumab, rispetto al trattamento trasfusionale mediante concentrati di FVIII sono tali da modificare in maniera radicale le condizioni e la qualità di vita dei pazienti. Emicizumab, a differenza dei concentrati di FVIII, che richiedono l’infusione endovenosa, può essere somministrato sottocute, il che comporta un vantaggio sostanziale, se si considera che spesso gli accessi venosi per l’infusione sono complicati (specie nei bambini) e difficilmente possono essere mantenuti in maniera permanente per lungo tempo. Altro vantaggio non trascurabile di emicizumab è la sua emivita in circolo, molto più lunga (settimane) rispetto di quella del FVIII (pochi giorni). Questo significa che il trattamento sottocute con emicizumab può essere eseguito molto meno frequentemente, rispetto all’infusione del FVIII. Per ultimo, ma non meno importante, emicizumab (non essendo FVIII, ma un suo mimetico), non interferisce on la presenza eventuale dell’inibitore.
Lo svantaggio di emicizumab è che il farmaco protegge abbastanza bene dalle emorragie spontanee, ma assai meno da quelle provocate. Ad esempio, il paziente emofilico, sottoposto a intervento chirurgico, anche se è in profilassi continua con emicizumab, durante l’intervento necessita di un trattamento con i concentrati di FVIII tradizionali.
Altri farmaci non trasfusionali, che saranno presto introdotti nella pratica clinica per il trattamento delle emofilie, sono concizumab e fitusiran.
Concizumab è un anticorpo che neutralizza uno degli inibitori naturali della coagulazione chiamato “tissue factor pathway inhibitor (TFPI)”, deputato a inibire in maniera controllata il complesso fattore tissutale-FVIIa che, come è noto è il trigger della coagulazione. Concizumab riduce in maniera significativa il rischio emorragico dell’emofilico e questo è dovuto essenzialmente al fatto che, inibendo in maniera controllata il TFPI, crea uno sbilanciamento a favore dei fattori procoagulanti che, cosa stupefacente ma vera, è in grado di correggere per il difetto dei fattori emofilici FVIII/FIX.
Fitusiran è un ulteriore farmaco non trasfusionale, utile per il trattamento dell’emofilia. Si tratta di una molecola capace di inibire in maniera controllata l’espressione dell’antitrombina, un altro importante inibitore fisiologico della coagulazione. Anche fitusiran, come concizumab, attraverso lo sbilanciamento delle forze pro- e anti-coagulanti che produce, è in grado di limitare il rischio emorragico degli emofilici, anche in assenza dei fattori specifici FVIII/IX.
Nel prossimo post esamineremo il ruolo del laboratorio nel monitoraggio di questi nuovi farmaci.
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