Tutti indistintamente (medici, infermieri e operatori di laboratorio) usano quotidianamente i guanti di lattice, o di altro materiale, per proteggere sé stessi e i pazienti, ma pochi sanno da quanto tempo vengono usati nella pratica. Leggo e riporto le notizie che seguono dal libro di Paolo Mazzarello “Storia avventurosa della medicina”, Neri Pozza Editore.
Molti di voi stenteranno a crederci, ma fino alla fine del 1800 i guanti per visitare i pazienti, per le ispezioni ginecologiche e chirurgia incluse, non erano usati e gli interventi venivano eseguiti a mani nude, si spera opportunamente lavate, ma forse scarsamente disinfettate. Si può facilmente immaginare la trasmissione di malattie infettive da medico a paziente e da paziente a paziente, che era all’ordine del giorno, soprattutto in tempo di guerra con il soverchiante numero di feriti da arma di fuoco. Nessuno o pochi si lavavano le mani e così le infezioni si trasmettevano e coloro che morivano negli ospedali militari superavano quelli che morivano in battaglia. Mazzarello racconta anche del numero impressionante di febbri puerperali, che affliggevano le partorienti, portandole spesso a morte. La febbre puerperale era nota da millenni, ma divenne epidemica con la concentrazione delle partorienti negli ospedali a partire dal XVIII secolo. Fra il 1789 e il 1792 il medico scozzese A. Gordon intuì che la malattia si potesse trasmettere per contatto fra pazienti, o tramite l’intermediazione degli stessi medici, ostetriche e infermieri, anche se mancavano le evidenze sperimentali. A seguito di questa intuizione Gordon suggerì misure drastiche, nel tentativo di contenere l’epidemia. Propose di fumigare gli ambienti, incenerire indumenti e coperte usati dalle donne infette. Impose anche il lavaggio accurato delle mani a tutti gli operatori sanitari prima e dopo ogni visita. Gordon morì qualche anno dopo e il suo nome cadde nell’oblio, nonostante una notevole pubblicazione dal titolo “Treatise on the epidemic of pueperial fever of Aberdeen. Un oblio che accomuna anche oggi molti valenti ricercatori! Cinquant’anni dopo un altro medico giunse alle stesse conclusioni di Gordon. L’Americano O. W. Holmes nel 1843 pubblicò un saggio dal titolo “The contagiousness of puerperial fever”. Secondo il suo pensiero la malattia si trasmetteva da una paziente all’altra, tramite gli stessi operatori sanitari e/o tramite gli arnesi chirurgici. Negli anni seguenti accadde qualcosa di inaspettato, ma di grande rilievo. Taluni, fra cui il Dr Lister e il Dr Bottini avevano capito che una soluzione di acido fenico potesse funzionare come disinfettante. L’applicazione sulle ferite di alcuni pazienti gli diede ragione e Lister nel 1865 comunicò i suoi risultati a un importante congresso internazionale e pubblicò su Lancet. Si fece quindi strada l’idea che i germi potessero essere uccisi nei processi infettivi attivi. L’acido fenico aveva però importanti effetti collaterali e fu presto sostituito con altri disinfettanti quali la tintura di iodio.
In quegli anni successe anche un fatto apparentemente insignificante, ma che si rivelò di grande importanza. Una signorina di nome Caroline Hampton, aveva sempre avuto la volontà di fare l’infermiera, ma era contrastata dalla famiglia, che non riteneva quel mestiere degno del suo rango. Ciò nonostante Caroline vinse le resistenze e si iscrisse al corso di infermieristica, ottenendo successivamente un posto di caposala presso il John Hopkins Hospital, dove incontro il chirurgo W.S. Halsted e iniziò a lavorare con lui come ferrista. Il sodalizio divenne presto indissolubile per ambedue, anche perché si legarono sentimentalmente. Ma dopo alcuni anni di collaborazione avvenne l’imprevedibile. A quell’epoca le linee guida imponevano che prima di un intervento chirurgico, gli operatori dovessero immergere e lavare mani e avanbraccia con una soluzione disinfettante. Cosa che Caroline faceva regolarmente, ma con il tempo si accorse che il liquido disinfettante le procurava delle lesioni alla cute. Considerato che il problema persisteva, non c’era che smettere quella pratica e, quindi, non assistere più Halsted, il quale fu comprensibilmente costernato nell’apprendere la notizia. Ma non si arrese. Telefonò alla Goodyear Rubber Company (sì, proprio quella che fabbrica ancora oggi gli pneumatici per automobili!). Chiese se fossero in grado di produrre dei guanti di gomma sottile, lunghi fino all’avambraccio. La riposta fu positiva e con quegli arnesi Caroline poté riprendere il suo posto in sala operatoria. Siamo nel 1890, da allora i guanti sono diventati l’arnese che ha rivoluzionato la medicina. Basti pensare che grazie al loro uso la mortalità per febbre puerperale o per condizioni chirurgiche fu drasticamente ridotta. La scoperta del guanto, assomiglia nella sua semplicità all’uovo di Colombo, ma come sovente capita alle cose semplici, ha cambiato la storia della medicina.
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